È notte; il buio avvolge prepotentemente l'intero villaggio ma nessuno sembra accorgersi di esso. A causa della dilagante povertà le torce vengono spente per conservare della brace e l'unica luce che dona un po' di colore alle decadenti capanne è quella delle stelle. Il silenzio regna sovrano e nemmeno un animale oserebbe spodestarlo. I contadini sono fisicamente e mentalmente stravolti dal troppo lavoro per concedersi il lusso del dialogo. Il Governatore della dodicesima contea della provincia di Fertoa impone interminabili turni lavorativi mal retribuiti e si diverte nel veder i poveri morire di stenti mentre lui si crogiola in un bagno di grasso animale.
Il villaggio in questione si chiama Tufron e lo si potrebbe definire la rappresentazione concreta della povertà. Le capanne sono costruite con fango e paglia, l'unica locanda presente è decadente e ha una sola stanza per gli ospiti, non ci sono né chiese né monasteri ed è il granaio a fungere da tribunale e da municipio. Insomma, il luogo più inospitale di tutto il regno di Artoriath. Ma nonostante la sua inospitalità è stato scelto come luogo di pernottamento da un misterioso viandante. Non si conosce la sua identità e nessuno sembra interessarsene. L'unico elemento sul quale i cittadini si sono concentrati è la cappa in cui si avvolge mentre cammina. Apparentemente può sembrare una banale cappa nera, ma osservandola si nota una sorta di cortina fumosa che ne ricopre la superficie. La trama non sembra quindi fatta con un tessuto, bensì con un distillato di nuvole, nuvole oscure e malinconiche. Il viandante cammina velocemente senza interessarsi all'ambiente circostante e sembra muoversi solamente negli spazi d'ombra, come se la luce lo ferisse. Alloggia nell'unica stanza della locanda e attorno a lui l'oscurità si posa delicatamente, dando l'impressione di accarezzarlo e cullarlo. La stanza è arredata con della paglia fungente da materasso e un baule di legno ammuffito, nel quale l'ospite a riposto la sua sacca e la sua cintura. Entrambe sono molto leggere e con ganci e lacci per adattarle perfettamente al corpo, consentendo ampi e rapidi movimenti a chi li indossa. Sono inoltre munite di appositi spazi per trasportare varie armi, tutti riempiti con pugnali e daghe. Nel poco spazio libero rimasto è stata invece depositato un fodero di cuoio logoro. Il tutto potrebbe far pensare che il misterioso viandante sia un semplice mercante che viaggia armato per difendersi dai briganti o da animali feroci, ma nell'oscurità della stanza brilla un piccolo emblema incastrato nell'elsa della spada raffigurante un corvo con le ali ardenti di un fuoco nero, simbolo di un glorioso guerriero ormai decaduto e logorato dalla sete di vendetta: Falten, l'ombra del diavolo.
Ricordi e frammenti di un decadente mondo
mercoledì 30 aprile 2014
Capitolo Primo
venerdì 18 aprile 2014
Completezza
Musica elettronica che penetra prepotentemente nelle orecchie, centinaia di corpi tra loro ammassati che venderebbero l'anima pur di una boccata d'aria fresca e il decadente squallore di un locale che ha ormai perso la sua fama formano un bizzarro trinomio facente da sipario per meravigliosi spettacoli. Un ragazzo guarda negli occhi la sua più cara amica e fissa la sua anima più profonda. Vorrebbe fare solo una cosa, ma non può. Lei infatti non capirebbe le sue motivazioni o semplicemente non gli concederebbe quell' unica cosa da lui bramaia che lentamente erode il suo animo, un bacio. Un bacio che lui pensa possa cambiare tutto, ma probabilmente è la sua ennesima fantasia. Dall'altra parte un giovane che sembra essere finalmente a proprio agio dopo mesi di noia è intento a scegliere con cautela la sua preda. Consultando, come se fossero un manuale, i consigli dei suoi amici scruta la folla. Finalmente la trova e senza pensarci le si scaglia contro. Senza rendersene conto inizia tra loro un intenso gioco di sguardi e movimenti, è ormai certo l'esito della serata. Il DJ che sembra un re seduto sul suo sfarzoso trono non aspetta altro che la serata finisca. Vuole solo tornare a casa e poter abbracciare un ultima volta sua madre. In quel momento però non può distrarsi, non può permettersi alcun errore, il suo unico scopo è rendere la serata immortale, per poi piangere conscio che non può far lo stesso per le persone a lui care. Sulle note di quest' uomo disperato balla una coppia, che però sembra un essere unico. Non si distingue dove si fermi l'uomo e dove inizi la donna. Sembrano voler dimenticare tutto ciò che li circonda, sembrano volersi isolare dall'intera esistenza, per essere solo in quanto nucleo dell'altro.
Al termine della serata sembra che ognuno abbia ottenuto ciò che voleva. Magicamente ciò che si era programmato si è svolto senza alcun problema. Il giovane falco potrà dilettarsi con la sua preda, il re potrà ritirarsi nei suoi alloggi per contemplare tristemente la regina madre e la coppia avrà la certezza che il suo equilibrio non si spezzerà.
In tutto ciò si stava dimenticando il ragazzo, perché è l'unico che torna a casa accompagnato dalla sua tristezza. Non ha avuto il suo bacio, nonostante lo meritasse più di ogni altro. Fino alla fine ha sperato in una sola conclusione, ma non ha potuto averla. Purtroppo il lieto fine in questo mondo non esiste e ciò che è giusto non sempre è ciò che avviene. Per questa notte chi è solo deve rimanere tale e continuare a sperare in quel bacio fatale.
mercoledì 26 febbraio 2014
Recitare
Recitare è da tutti definito come sinonimo di mentire, ma non è così. Recitare è l'unico atto veritiero che esista, l'unico atto in cui possiamo riporre il nostro intero essere. Infatti ci troviamo quotidianamente intenti ad apparire come non siamo, intenti a sembrare ciò che vorremmo essere e a costruire attorno a noi un impero di menzogne. Siamo convinti di dover adempire al compito di di mostrarci agli altri come loro vogliono vederci, così da provocare in loro gaudio e soddisfazione; la soddisfazione di avere di fronte una persona facile da accettare, una persona con la quale non sia necessario un minimo sforzo per capirsi, una persona con la quale essere chi vogliamo e non chi siamo. Ed è proprio qui che il recitare non diventa la blanda copia di una già falsa verità, così come sosteneva Platone, bensì l'unico momento in cui siamo così come siamo. Possiamo riversare nell' estro artistico la nostra essenza senza preoccuparci di mostrarci nudi agli occhi degli altri. Siamo protetti dallo scudo dell' arte e della licenza poetica. Possiamo recitare come vogliamo ciò che vogliamo senza che si capisca dove siamo noi e dove è il copione.
Recitare dunque non è falsificare la realtà, bensì l'unico momento in cui si parla di verità.
martedì 25 febbraio 2014
Primavera, una danza funebre
La mezzaluna nel cielo,
la pioggia che cade,
le gocce formano sui fiori un velo;
La luce riflette raggi di intensi colori,
attraverso la rugiada prendono vita e danzano,
sembrano degli amanti i più svariati amori;
Nel giardino spicca un ciliegio di meravigliosa fattezza,
i suoi petali rosa accarezzano come una madre il suolo,
purtroppo é solo uno sparuto sprazzo di bellezza;
La primavera come sempre é fugace,
avida e insaziabile vuole che i fiori danzino solo per lei,
in breve la meravigliosa musica formatasi tace;
Questo processo può sembrare amore,
in realtà é un uomo che muore
venerdì 14 febbraio 2014
Omicidio
Uccidere un essere umano, impossessarsi del diritto di togliergli la vita, accartocciare la sua anima e gettarla nell'oblio e frantumare la sua esistenza. Le persone pensano che fare ciò sia deplorevole, senza nobiltà e che non possa donarti alcuna felicità. Ma si sbagliano, e di molto. Avvicinarsi ad una persona nel buio con la consapevolezza di star per far cessare il suo esistere, la consapevolezza di avere il suo destino nelle tue mani, la consapevolezza di impossessarsi dell'unico diritto esistente che spetta solo a Dio e a nessun altro. Sentire il suo respiro e la sua tranquillità che mutano in affanno e ansia quando percepisce che la situazione sta cambiando. L'aria si appesantisce e ogni passo, ogni respiro ed ogni secondo diventano interminabili. Ma tu brami solo la sua vita e null'altro, brami il senso di potenza che può darti diventare il dio della sua persona. Infatti solamente tu puoi risparmiarlo in quel momento, puoi decidere che la sua vita continuerà e che non la porterai a casa come trofeo. Sotto una pioggia che diventa sempre più pesante lo raggiungi e lui si rende conto di cosa sta per succedere ma non si muove. Il terrore lo blocca e gli paralizza le gambe. La lingua non riesce ad articolare nessuna lettera e ogni speranza, tranne una, lo abbandona. Inizia ad arrampicarsi sulla convinzione che tu sia nella sia stessa situazione ma non é così. Alzi il braccio, miri e senza indugio premi il grilletto. Il suono della pistola e le sue urla accompagnano quell'istante, ma tu non le senti. Nella mente hai solo quella canzoncina che ti cantava tua madre da bambino prima di addormentarti per farti capire che eri al sicuro. Il proiettile finalmente colpisce il bersaglio e il suo sangue si sparge ovunque. Mentre cade ti guarda, consapevole che il suo ultimo sguardo sarà verso di te, il suo dio. Tocca il suolo e l'acqua permette al sangue di andare ovunque, ma a te non importa. Guardi le tue mani, sporche del suo sangue e ti convinci che ora piangerai e implorerai pietà a te stesso e a Dio. Senti un emozione salire e pensi sia rimorso, ma non é così. È una risata isterica e incontrollabile che esce dalla tua bocca. Sei consapevole che ti sei divertito e che non proverai mai più una sensazione simile, la sensazione di incontrastabile superiorità che provi non é quantificabile. Per ultima arriva la certezza di essere caduta nell'unica droga non definita tale. Sei totalmente in balia di emozioni forti e gratificanti, come potrebbe bastarti una volta sola? Come puoi pretendere di non provare più qualcosa di simile? Guardi un'ultima volta il corpo senza vita e vai via con la pioggia che pulisce il sangue sulle tue scarpe e sul tuo cappotto. Ti volti un' ultima volta e noti un fiore bianco che cade nel lago di sangue. Non appena tocca il suolo diventa rosso e raggiunge un livello di purezza e splendore superiore a qualsiasi cosa. Subito dopo si accartoccia, perdendo tutta la sua bellezza e la sua essenza. Solo allora capisci che tu sei quel fiore, hai raggiunto il tuo apice e sei la massima espressione della tua essenza, ma la tua anima no, é nera come la pece e come tale dovrà bruciare, distruggendo tutto ciò che la circonda.
mercoledì 24 luglio 2013
Verità e Marciume
Fu creato dalla visione del rifiuto, che per la precisione era una lattina, e libratosi in aria elaborò un concetto totalmente estraneo alla mentalità del suo creatore; per la prima volta infatti un uomo abituato a pensare le medesime cose e soprattutto nel medesimo modo dei suoi beniamini in televisione o dei suoi amici che si vantano di essere esperti nel capire come gira il mondo, si trovò a elaborare un concetto suo,un concetto che non credeva potesse essere partorito dalla sua mente,un concetto nato da un pensiero che non aveva mai udito in precedenza e che soprattutto non aveva mai pensato nessuno. Ecco,quello era il suo FraMmento.
Tale pensiero,che a suo parere era straordinario e innovativo,non era altro che il rendersi conto di come ogni volta,ogni singola volta,che in quella città nasceva qualcosa di nuovo,non corrotto,di aiuto verso il prossimo, era presente un elemento a penetrare al suo interno,piegarlo al suo volere e infine trasformarlo in una mera iniziativa a scopo lucrativo o a scopo di puro diletto commerciale nel quale non rimaneva ombra alcuna di passione o di genuinità. Si rese dunque conto del marciume che era la sua società, e del fatto che la situazione continuasse a peggiorare vertiginosamente senza mostrare un segno di arresto.
Sulle prime questo FraMmento portò all'interno del suo pensatore stupore, successivamente diffidenza verso la società, poi ribrezzo misto a rabbia e infine un voler ripudiare le proprie origini dalla vergogna di appartenere ad un mondo così sudicio quanto corrotto. Non sapeva più cosa pensare,le sue certezze erano crollate e lui si trovava inerme davanti al nemico più temuto da ogni essere umano,la realtà dei fatti. Era infatti obbligato a provare ribrezzo verso il mondo che lo circondava,a dover battersi contro tale situazione e a dover provare a cambiare le cose. Ma questo lui non era in grado di farlo,lui era un semplice essere umano abituato ad accontentarsi di quello che gli viene propinato la sera davanti a squallidi talk show diretti da vecchie leggende della televisione che non riescono più a farsi da parte. Lui non era pronto e non voleva esserlo,ma purtroppo era obbligato e più provava a a pensare un modo per salvarsi dalla situazione più si sentiva annegare nello sconforto,perchè difatti non c'era alcuna via d'uscita e mai ci sarebbe stata. Passati vari minuti era infatti arrivato alla conclusione di tutti i suoi tormenti e di tutte le sue preoccupazioni,si era finalmente reso conto che esiste un qualcosa che non terrorizza tutti gli uomini come la morte,ma dovrebbe,ed essa non è altro che la verità.